Il paziente delle 8.05
Una paziente certezza
Tra le poche sicurezze che potrete in qualche maniera procurarvi nella vostra esistenza, credetemi, è d’uopo aggiungere le 8.05 del mattino di ogni lunedì. In una casa dai mattoncini rossi e dal vicinato alquanto chiassoso, un allarme attende un impulso elettrico per farsi sentire. Per cantare, per essere più precisi. Per intonare con voce metallica una vecchia canzone di Claudio Villa,
Un vicinato rumoroso
Come detto precedentemente, il vicinato è chiassoso e io lo so più di ogni altro qui da queste parti. Un lampione, fermo immobile tra le pareti delle case, illumina la notte, ma soprattutto ascolta di giorno, quando nessuno lo osserva. Così trascorre un’esistenza senza alti e bassi, solo alti. Una visione d’insieme di bambini che giocano a calcio, si sposano e creano altri bambini che stanno seduti a giocare grassocci con un rettangolo in cortile.
Un paziente barbuto
Tra le qualità nascoste di questo quartiere, una di quelle che forse solo io conosco, c’è quella di non svegliare affatto questo miope dai capelli rasati e dalla barba incolta. Badate bene, si è detto barba incolta, ma non di quel tipo così amato dalle ragazze. L’ormai celebre incolto- che- si- prende- cura- di sé, per capirci. In questo preciso contesto, al contrario, si tratta semplicemente di un barbuto- incolto paziente che alle ragazze proprio non piace. In questo caso, come nel precedente, non fatevi fuorviare dall’uso impreciso di una parola e dalle sue ombre di senso. Qui infatti non si parla di un uomo che opera con cura, precisione e costanza, e men che meno della meticolosità di un lampione paziente che osserva le umane vicissitudini. Il termine paziente qui deriva dal più semplice patire, sopportare, che nel linguaggio popolare ritrae un uomo o una donna seduti ad attendere in una sala d’attesa di un medico.
Ipocondria, la malattia del millennio
Dunque, in un lampo di luce, ecco spiegato l’arcano delle 8.05. Un paziente signore barbuto e dalla singolare sveglia decide ogni lunedì di recarsi nella sala d’aspetto di un medico. Tra le malattie che portano gli umani a riempire di sbuffi impazienti le sale d’aspetto ve n’è una in particolare, detta ipocondria. È un’ingorda malattia che senza pace risveglia antiche paure e non pone rimedi. La prassi è ormai consolidata e per il medico e il paziente questo incontro ha più il sapore di una seduta di psicoterapia che quello di una vera e propria visita.
Uno svago
Se per l’ometto- Villa tutto ciò che conta è portare una tazza di caffè bollente al medico e sentirsi rassicurato per un altro centinaio d’ore, per il medico si tratta di un piccolo svago. Un modo come un altro per sfuggire alla monotonia di pazienti affetti e privi d’affetto.
Un altro allarme
Ogni lunedì alle 8.05 precise un allarme butta giù il suddetto dottore dal letto. Certo, più che buttarlo lo scuote dai suoi sogni, ma andiamo con ordine. Da qui posso vederlo mentre, nel suo appartamento al terzo piano, getta un’occhiata fugace al mondo. Sempre uguale quello, il mondo, decide di incodarsi, correre e affannarsi fuori dal suo balcone, mentre mastica cibo e qualche notizia sul suo tavolino tondo. Il medico mastica, dico, ma forse anche il mondo essendo l’uno parte dell’altro. L’ambulatorio si trova due piani più sotto, perciò ha tutto il tempo necessario per comprare il pane dal forno appena aperto. E dare una rasatura decente al suo viso spinoso.
Dal barbiere
Il medico in questione è infatti tra le poche persone che ancora decidono di radersi mettendosi nelle mani di un professionista. Per quanto sia solo per incontrare un vecchio ipocondriaco, è sempre bene avere un viso pulito. Come dire, è una prassi ormai consolidata, come lo è diventata per il barbiere che lo attende. Primo cliente della giornata ogni lunedì mandato dal Sole.
Il trauma
A differenza dei due esempi presentati in precedenza, il barbiere non ama le sveglie. Ogni giorno alle sette del mattino i suoi occhi tagliano il buio dei sogni con due grosse forbici per aprirsi alla luce del mattino. Le forbici-allarme sono mentali e come spesso accade sono frutto di un trauma. Se i traumi sanno insegnare qualcosa, quel qualcosa è che un trauma è per sempre. Il trauma in questione è quello che nel paese e sui giornali prese il titolo di
La donna daino
Partiamo da un fatto, ovvero un’abitudine che il barbiere aveva, un tempo. Si tratta certamente di tanto tempo fa, prima che una colletta del Vice Capo Capo Capo Palazzina portasse ad un nuovo colore rosso sgargiante per questo lampione così elegante, che vi elenca tutti i fatti del quartiere. Prima che il sole si accendesse sulle montagne, disegnando un piccolo semicerchio sulla sua porta scura, il barbiere usava infatti andare a caccia seguito dalla moglie e dal cane P.
A caccia
Dopo qualche tempo, immersi nella macchia, i due camminavano nel silenzio dei fruscii della foresta, intenti con il cane P. a scovare una preda grassoccia da buttare poi sul cofano della macchina. Come d’abitudine, la moglie era alla destra di questo triangolo reso linea dalle ricerche. Qualcosa poi accadde, con un allarme che squillò in tutta la sua forza, infrangendo il silenzio come una vetrina un sasso. A differenza dell’allarme del paziente delle 8.05 e del relativo dottore, questo non era previsto.
Uno scherzo
Uno scherzo innocente, fatto dal suo simpatico nipote qualche giorno prima. Una suoneria che riproduceva il richiamo del daino. Fu una frazione di secondo, quella che tramutò in paese il barbiere nel vedovo. Non si trovano poi tanti vedovi in giro, no? Tre ometti armati di fucile, appostati dalla mattina in cerca di sangue fresco con cui dare un senso alla giornata, non aspettarono un secondo in più e spararono senza pensare nella direzione di quel suono da loro così ben conosciuto. Un gesto inconsulto per un cacciatore, eppure
Bam
Bam Bam Bam
Wof Wof
Bam bam
Nooooo
Questa la successione di suoni che pare abbia accompagnato il barbiere nel suo nuovo ruolo di vedovo e con esso il suo trauma- allarme mattutino.
Un paziente cliente
Ecco dunque che nessun allarme sembra disturbare la sua giornata, mentre fa accomodare il suo cliente. Si, perché un dottore è un cliente, mentre il cliente di un dottore deve essere un paziente. È qualcosa che si impara con il tempo, forse. Dunque, eccolo apprestarsi a tagliare la barba del medico, seduto ad occhi chiusi su una sedia di pelle. La fiducia è importante, quando si lascia una lama scivolare vicino alla giugulare. L’orologio, sul muro, indica che è quasi tempo per la visita del paziente. Tutto va come ogni lunedì, ma ecco che
Waaaaaaamaaaaaamaaaaamaaaaaamaaaaaamaaaaaamaaaaammmmmm
Un caso su un miliardo
Un allarme antiaereo della Seconda Guerra mondiale, improvvisamente, decide di svegliarsi. Un allarme sopito da decine d’anni, dimenticato da qualche parte tra le macerie di qualche casa diventata rudere e poi assurta a bene storico. Una catena di eventi deve averla fatta azionare, come una catena di eventi ha fatto sedere questo povero medico di nome B. su una sedia di pelle sotto le mani prudenti di un barbiere. Eppure, quel trauma che sembrava sopito e tramutato in un silenzioso allarme delle sette del mattino, esplode ora in un movimento inconsulto.
Szak
La morte, quella con la falce, non l’avrebbe potuta pensare in un modo più buffo.
Szak
E il sangue…
E in un colpo il sangue salta via in preda ad una emorragia allegra nel suo correre via dalle vene per la prima volta. Come un uccellino preso in gabbia per troppo tempo, quella massa rossastra si riversa sui vestiti, sul viso sorpreso del barbiere e sullo specchio che riflette l’immagine muta di una vita che va via. Meno poeticamente il riflesso impietosamente ritrae l’immagine del povero dottore ormai passato a miglior vita, con un paio di baffi rosso sangue sopra la bocca spalancata. Ironia della sorte, era entrato per una barba ed uscirà con i baffi.
… il sangue cola via
Plic, Plic, plic
Una goccia alla volta e il dottor B., residente in via dei Coleotteri e Nasi, 23 passa da uno stato di vivo con anima ad uno di morto con anima.
— E la settimana prossima, conosceremo M.! —
La storia avrà pubblicazione a cadenza settimanale. Tutti i diritti sulla storia sono riservati da Flyingstories.org e nella persona di Daniele Frau.
Tutte le grafiche sono eseguite a mano e in stili misti dall’artista Gabriele Manca, DMQ productions, che detiene i diritti sulle opere.