Donne schiave
Cosa accadeva alle donne schiave?
Dopo tutte le cose orribile che abbiamo detto, aggiungiamo che gli adolescenti erano trattati come tutti gli altri, abusati e venduti. Se le schiave al momento della cattura erano incinte o con dei bambini, questi ultimi venivano presi loro al compimento del terzo anno d'età. A quel punto, i bambini venivano messi in stanze a parte, pronti per essere venduti.
La stanza dei bambini era l'unica nella quale non si trovavano le cate. Un briciolo di umanità? No, purtroppo no. Si trattava di un problema logistico, in quanto i bambini crescevano troppo in fretta e le catene non potevano avere uno standard.
L'isola degli squali
Perché l'isola di Gorèe era chiamata l'isola degli squali?
Quando gli schiavi si ammalavano (che fossero uomini, donne o bambini), non si prestava molta attenzione alle cure. Usavano una porta alla fine del corridio d'entrata, che si può vedere ancora oggi. Si tratta di una porta piccina da cui si vede l'oceano. Se qualcuno si ammalava, veniva fatto camminare da quella porta e dato in pasto agli squali. Il fatto che i malcapitati fossero morti o ancora vivi al momento del tuffo tra gli squali, era a discrezione dei carcerieri.
Le altre stanze
C'era la possibilità che le donne fatte schiave rimanessero incinte durante uno stupro. Essendo lo stupratore un bianco, il bimbo nasceva di razza considerata mista. In questo modo, le donne che davano alla luce un bimbo mulatto, venivano chiamate Signore. Il bambino acquisiva uno status particolare, tanto da poter possedere non appena adulto lui stesso degli schiavi.
Né vergini né madri
C'era anche la possibilità non remota che le donne stuprate, non restassero incinta. La loro vita diventava dunque un girone infernale, fatto di molestie e violeza da parte dei loro rapitori, fino a che questi non si fossero stancati.
Le punizioni
La disciplina era mantenuta utilizzando tutti i sistemi di violenza psico- fisica. Non si usava solo la violenza fisica, perché avrebbe danneggiato la "merce". Usarono dunque dei metodi di tipo medioevale e usati in tante altre circostanze..
1991
Quando Nelson Mandela visità questa casa degli schiavi nell'isola di Gorèe nel 1991, un anno soltanto dopo essere stato rilasciato dalla prigionia, chiese di essere lasciato solo un momento. Entrà nel buco un tempo chiamato la stanza dell'isolamento e quando ne uscì, dissero che aveva gli occhi arrossati dal pianto.
La stanza dell'isolamento
La stanza dell'isolamento consisteva in un buco nel muro, che non era abbastanza né per stare in piedi, né per coricarsi. Il malcapitato, reo di aver trasgredito le regole (le risse erano ovviamente all'ordine del giorno, considerando 15 uomini in tre metri quadri con una pausa per i bisogni personali ogni 24 ore), era lasciato dentro questo buco per un numero di giorni compreso tra uno e cinque.
L'Ultima stanza
C'era però anche un'altra stanza, più grande ma non meno dolorosa. Questa era definita la Stanza del non ritorno.
Dopo una settimana senza pane e acqua, mangiati dalla salsedine e dall'umidità, il proprio destino era di diventare cibo per gli squali. Il malcapitato veniva lasciato libero di gridare e spegnersi in modo tale che gli altri detenuti imparassero la lezione per imitazione.
La porta del non ritorno
Abbiamo fatto cenno a questa porta in precedenza, quando abbiamo detto dei malati che venivano gettati agli squali. La stessa porta veniva usata per portare le persone sulle barche per essere vendute. Le donne e gli uomini schiavizzati dovevano passare tramite questa porta e da qui su una tavola di legno. Due guardie controllavano che nessuno provasse a suicidarsi, lanciandosi in mare. In quel modo, essendo gli schiavi attaccati ad un'unica catena, sarebbero morti tutti quanti.
Il viaggio
Durante la tratta degli schiavi verso le Americhe, il viaggio poteva prendere dalle 7 alle 16 settimane. Nella casa museo degli schiavi, viene riportato come dato che 20 milioni di africani furono deportati e di questi sei milioni morirono per le malattie. Questo numero andrebbe almeno raddoppiato, se si contano le persone morte in altre circostanze dovute al viaggio e alle condizioni di vita.
Che cosa si può fare?
La mia opinione è che si debba parlare il più possibile di questo genocidio, perché parlare di questa parte oscura dell'umanità è l'unica arma in nostro possesso per sperare che la storia non si ripeta.
Siamo tutti umani. Non dimentichiamocelo mai.
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Senegal is an endless stretch of red land whose dust clings on your clothes upon your arrival until a few days after your departure, also owing to the shortage of water that prevents people from washing themselves whenever needed. In its capital city, Dakar, in the westernmost corner of Africa, the ex French colony immediately shows an important and equally painful page of its history. It’s the island of Goree, where the slaves were selected and loaded on ships headed to America.
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Thanks Edward for your comment. Yes, it is precisely what you’re describing, and thus more than that. If you spent some more time on our website you’d probably seen two articles about the same Gorèe Island you referred to. Have a great day!