La città
Una città a misura di mostro
La città non era poi così grande, se non si contavano le decine di palazzoni, riempiti di nulla. Bolle speculative, mostri edilizi, metafore e similitudini di un mondo in apnea.
Perfino in questo respiro trattenuto, comunque, si trovava qualcuno pronto a parlare, a scrivere perfino.
“L’eco della bilancia” era un giornale di vecchi avvocati, pensionati d’oro che avevano deciso di metter su quella che se si è giovani la si chiama start up, altrimenti i più la denominano semplicemente iniziativa.
Non semplice, un progetto di giornale in una città in cui tutti sembravano leggere solo la luce blu dei loro cellulari.
I giornalisti
Adam, un civilista, scriveva per lo più di caccia e pesca, anche se in una città senza mare, laghi, fiumi o montagne era difficile trovare l’ispirazione.
A chi era venuta quell’idea, ossia costruire una città lontano da tutto, perfino dalla malaria?
Anita era una donna dall’aspetto fiero, ex penalista, adatta a scrivere pezzi di cronaca nera. Da buona femminista, non poteva esimersi dal sottolineare nei suoi articoli come tutti gli omicidi in città alla fine vedevano come protagonisti gli uomini.
Ci avrebbe giurato che perfino l’ultimo omicidio, per quanto solo lei lo considerasse tale, di un ex commerciante sulla settantina trovato morto sul suo pianerottolo, era stato perpetrato da un uomo.
Avevano detto che si era trattato di una triste fatalità. Era scivolato, rotolando poi per trentadue scalini. Tuttavia c’era quel particolare strano: aveva sbattuto la testa con forza solo sull’ultimo gradino, esattamente come gli altri pensionati trovati morti nelle settimane precedenti.
Il giornale era in un semi-interrato, affacciato su una piazzuola dove sostavano le ambulanze dell’ospedale vicino. In questo modo, quando si sentiva più di una sirena azionarsi insieme, al giornale si preparavano perché doveva esserci qualcosa di succulento.
Quella sera era rimasto solo Benito, un ex tributarista, un tipo piuttosto solitario cui avevano affidato la pubblicazione di ben due rubriche. Una, la sua preferita, era la pagina dei necrologi e l’altra una pagina di “compro, vendo e affitto”, ma in cui la gente scriveva praticamente di tutto. In una città come quella non si vendevano più libri, ma i corpi si, avevano sempre un buon mercato.
“Affitto camera al settantaduesimo piano (senza ascensore).”
Anita continuava a leggere e rileggere quell’annuncio pubblicato sul giornale la settimana precedente e sentiva che c’era una connessione. Aveva bisogno di prove o alla stazione di polizia nessuno le avrebbe prestato attenzione.
Sapeva, o perlomeno sentiva, che c’era un assassino in città, un assassino seriale. Forse, spinto dalla sua hybris, aveva lasciato quel messaggio e allora ne avrebbe sicuramente lasciato un altro quella settimana.
Si alzò di scatto, decisa a scoprirlo. Anita viveva al terzo piano e il giornale si trovava nel suo semi-interrato. Chissà perché aveva deciso di aprire proprio un giornale, quando avrebbe potuto affittare quello spazio a qualche studente. In una città come quella sarebbe stata la scelta più logica da fare.
Trovò Benito seduto come sempre sotto la sua grossa lampada, i capelli che gli pendevano davanti al viso, sporchi.
<<Ciao, Benito.>>
L’ex tributarista sollevò gli occhi stanchi dal foglio che aveva davanti, fece un cenno col capo e abbassò nuovamente lo sguardo, come una grossa tartaruga.
Anita tossicchiò, per attirare ancora l’attenzione, aggiustandosi la giacca. Certo che il seminterrato era proprio freddo.
<<Benito, perdonami, ti è capitato per caso di pubblicare un annuncio particolare, qualcosa che ti è parso…strano?>>
Stavolta gli occhi del vecchio tributarista si accesero di una luce strana, inusuale. Rispose, senza sollevare lo sguardo.
<<No, niente di strano.>>
Disse, increspando con delle rughe sottili gli angoli della bocca. Era una specie di sorriso, per chi aveva imparato a conoscerlo.
<<Eppure… va bene, controllerò domani. Buonanotte.>>
Mormorò Anita, risalendo le scale, senza ricevere risposta. Non poteva sapere che ci sono volumi sull’odio, cattedrali costruite sul rancore represso. Esistono voglie che si nascondono per anni, passioni che lacerano i sogni perfino di un vecchio tributarista. Si sentì improvvisamente tirare indietro, il tetto che si faceva pavimento, poi la sensazione degli scalini sulla schiena, infine il buio.
Si, ci era andata davvero vicina.
E ora Benito aveva un nuovo annuncio da scrivere. Anzi, due.
Questa storia è di proprietà di Flyingstories e nella persona di Daniele Frau. Per qualsiasi riproduzione, anche parziale, è necessaria l’autorizzazione dell’autore.
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