Passi
Riverberi
I suoni si scoloriscono in lontananza, un quadro che fluttua tra i sogni di un artista ubriaco di vita. La bottiglia gli cade dalle mani e produce un suono.
P-asc-ch
O forse è solo una macchina di passaggio dalle gomme bagnate. Quel suono diventano passi, che calpestano l’aria e la strada, le gocce di pioggia abbandonate e le cicche di sigaretta. Il cemento ha una voce che non ti aspetti. Un bruco scuro che sa infilarsi tra i viali, carezzare gli alberi e che ora è libero di cominciare grazie al calpestìo di questi piedi. Il verso del cemento è un basso dalla voce un po’ rauca. Il passo in questione poi non è esattamente felpato, sembra più la mano di una scimmia che percuote un muro con forza.
Tcium, tcium, tcium
Con quel qualcosa in più dato dall’acqua che schizza.
Passi diversi
È facile intuire dunque come quei battiti da primitivo possano aver instillato il dubbio, perfino la paura, in questi passi più signorili, silenziosi. Nelle scarpe di chi, nel portafogli, ha più verità che tra le mura della sua stessa coscienza. I due passi si potrebbero quasi sovrapporre e invece uno copre l’altro, ombra lunga di suono sul marciapiede deserto. Una grande onda che tutto trasforma, che appiattisce e scolorirebbe perfino la sabbia dorata.
Dietro le spalle
Però qui non siamo al mare, ma in una città ingrigita. Svoltato l’angolo, anche le luci si mettono paura e fuggono. Due lampioni solamente, coraggiosi, valorosi, alti abbastanza da poter guardare negli occhi una giraffa, annaffiano di luce questo prato altrimenti scuro in ogni direzione. È il campo di fuga invisibile delle immagini che si perdono. Sento che l’uomo del domani ritrova la voce, prova a gridare
Ghoff ghoff
Solo una tosse nervosa, un muro costruito sulla laringe. Nulla si può contro quel suonare di batteria a due piedi. Le scimmie intanto continuano nel loro concerto per scarpe e cemento, mentre il mio suono sembra sempre più il tamburellare annoiato di uno scolaro sul banco di scuola. Va bene, avete vinto voi primati impazziti!
Eccoli di fronte
I miei passi si fermano e per la prima volta S. osa guardare oltre le sue spalle. Una sagoma è là, appiattita dalla luce che non sa dare profondità da quell’angolo. Una pietra divisa da due gambe possenti, un energumeno che respirando sbuffa nuvole cinematografiche. Un cappello, calato sugli occhi, incute ancora più timore tra le vene ormai gelide del povero S.
Paura, semplice paura
Dopo aver perso il padre e la sua anima, dopo aver perso anche l’ultima speranza di ritrovarlo vedendo il corpo immobile, vuoto, di un dottore sul tavolo di un obitorio, cosa può andare ancora più storto di così?
— E la prossima settimana… il Terzo Capitolo! —
La storia avrà pubblicazione a cadenza settimanale. Tutti i diritti sulla storia sono riservati da a Flyingstories.org e nella persona di Daniele Frau.
Tutte le grafiche sono eseguite a mano e in stili misti dall’artista Gabriele Manca, DMQ productions, che detiene i diritti sulle opere.
Cosa succederà????
Ai posteri l’ardua… ah no aspetta :)) presto saprai!