Il Capo va in Parlamento
Cosa direbbe il Capo?
“Sarebbe meglio controllare la notizia.”
“Controllare? Che notizia c’è qui da controllare?”
“Dai, non crederai davvero che quell’esplosione sia davvero…”
“Sh, silenzio!”
I due parlamentari sembravano due cornacchie spaventate. Si ripararono all’ombra di una statua, un grosso personaggio cornuto con in mano un’anfora.
“Ti ho detto mille volte di non parlare così qui dentro. Anche le statue hanno orecchie, qui.”
“Si, ma...”
“Niente ma, qui non se ne parla e basta.”
L’altro parlamentare sembrò poco convinto, assunse un’aria contrariata e riprese.
“Dimmi solo che non sto diventando pazzo. Sembravamo pronti a voltare pagina e invece…”
“È come una fenice, quell’uomo. Non darlo mai per vinto, hai visto quanta gente c’era ieri al suo discorso?”
L’altro parlamentare annuì piano, con gravità. Lo avevano aiutato a salire al potere, lo avevano reso il Capo, ma mai si sarebbero aspettati che quell’imbecille li avrebbe presi tutti in castagna.
“Dunque non sto impazzendo, vero? C’è qualcosa dietro quell’esplosione.”
L’altro parlamentare si limitò dapprima ad un cenno di assenso, poi con un’espressione di disgusto, si decise infine a sputare fuori il rospo.
“Secondo me non si tratta di un caso. Quel taxi era appena stato controllato, ho visto le ricevute con questi occhi.”
Prima che il secondo parlamentare potesse ribattere a quella notizia sconvolgente, un rumore li fece sussultare. Un’ombra avanzava verso la sala d’aspetto del Parlamento, seguita dal rumore di passi pesanti. Prima ancora che dalla voce, lo riconobbero da quell’odore di carne arrosto e vino, che lo aveva sempre contraddistinto.
“Ah, anche voi qui!”
Disse il Capo, sorridendo amabilmente. Vestiva, come ogni venerdì, con il suo vestito color carne e così sembrò loro che la figura di fronte a loro fosse completamente nuda.
“Si- si certo, stavamo parlando proprio del suo discorso.”
Il Capo sorrise ancora una volta e diede una pacca sulla spalla al più anziano dei due uomini.
“So bene che mi posso fidare di voi. Bisogna mettere fine a questa situazione, altrimenti questi alieni chissà cosa combineranno.”
La voce era bonaria, come se stesse raccontando una battuta al bar. Poi, dopo averli salutati, salì le scale per entrare nella Grande Sala del Parlamento.
“Buongiorno a tutti!”
Disse, spalancando le porte come se si trovasse a casa sua.
Se lo aveste visto così, non avreste mai potuto immaginare che si trattasse dello stesso uomo che aveva fatto costruire i muri, della stessa persona che aveva fatto costruire i campi d’accoglienza per migliaia di persone e poi aveva buttato via la chiave dopo averceli stipati dentro a forza. Tutti gli si fecero intorno per stringergli la mano, dargli un bacio, chiedergli un consiglio su un cugino e su un tale che aveva bisogno di una sistemazione. Come sempre trovò un secondo per ognuno, parlò piano promettendo con fare bonario che tutto si sarebbe sistemato da sé.
Quel sorriso era una strategia di marketing. Al principio, la sua aria bonaria e la sua fisionomia rotonda avevano tratto in inganno. Una stretta di mano alla volta, l’idiota era arrivato dove nessuno avrebbe mai immaginato di poterlo vedere. Il Potere logora chi non ce l'ha , diceva un noto politico e questo fu quanto più vero, quanto l’opposizione fu ridotta in poco tempo ad un recinto di cani rabbiosi.
Quelle mani morbide e lisce, quel sorriso sempre pronto, quell’anima sempre pronta alla battuta; questo era ciò che la gente voleva. Basta con quei politici che discutono su tutto, che fanno discorsi e provano a convincere con numeri complessi. No, la gente aveva bisogno di un uomo come lui, con quella barba sempre incolta. Anche ora, che si diceva il suo consenso fosse precipitato ai minimi di sempre, aveva saputo riprendere il controllo con una maestria degna del Principe per eccellenza.
Le sue riforme più popolari erano state il ritorno della tortura, le già citate mura intorno all’intero Paese, la pena di morte per non residenti e infine la riforma carceraria, il suo vero fiore all’occhiello. Qualcuno lo aveva attaccato, aveva detto che si trattava di puro e semplice cannibalismo.
Lui aveva spiegato che si poteva vedere in molti modi diversi, ma ciò che rimaneva era il risparmio per la comunità. Carne a basso costo, allevata nelle migliori prigioni del Paese.
Un uomo con così pochi scrupoli, non poteva lasciarsi sfuggire un’opportunità come quella che i cosiddetti alieni gli stavano fornendo su un piatto d’argento.
Questa è la fine de Il Capo va in Parlamento, ora puoi continuare a leggere come continua Ritorna al Futuro, storia scritta da Daniele Frau e illustrata da Gabriele Manca, Dmq Productions. Tutti i diritti sulla storia e sulle illustrazioni sono riservati ai rispettivi proprietari.
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